Il memoriale inedito
di Stanislav Dekleva non è solo uno dei tanti racconti di
guerra ma riesce a dare un diverso quadro, rivelando nuove
realtà, su quella che fu la guerra bianca vissuta in
Marmolada. Le ricerche di Marina Rossi e Roberto Todero
hanno permesso di fare luce anche su di un difficile
dopoguerra vissuto da antifascista sloveno attivo in un
territorio di confine quale la Venezia Giulia, nata dalla
disgregazione dell’antico Litorale Austriaco occupando anche
territori prevalentemente sloveni.
L’autobiografia
dell’ufficiale di carriera Stanislav Dekleva ne rivela
l’evoluzione di pensiero e l’attività nel corso della guerra
combattuta in Galizia ed in Tirolo. Del tutto inedito il suo
percorso esistenziale dal primo dopoguerra al tragico
epilogo dell’aprile 1944, in cui Stanislav fu prelevato
dalle carceri del Coroneo ed inserito nella lista dei 72
ostaggi fucilati il 3 aprile 1944 al poligono di Opicina
(Trieste). Finora si conosceva il loro numero, ma non le
loro biografie ad eccezione di quella di Stevo Rodič,
miracolosamente vivo perché coperto dai corpi dei compagni
fucilati. La novità è frutto delle appassionate e difficili
ricerche di Marina Rossi. Ma c’è di più: la tragica vicenda
familiare dei Dekleva rispecchia emblematicamente i drammi
del confine orientale, poco conosciuti nel resto d’Italia,
un capitolo di storia plurietnica, internazionale in cui si
scontrarono progetti ed ideali diversi: il comunismo, il
socialismo, la democrazia liberale, emersi dolorosamente e
faticosamente nel clima parossistico di violenza che
caratterizzò l’Adriatische Küstenland annesso al III Reich.
Stanislav Dekleva venne fucilato; la moglie, Vera Kalister,
bruciata in Risiera; uno dei loro figli, partigiano, Ciril,
ucciso dai fascisti; Igor, valoroso gappista, disconosciuto
come cittadino italiano di famiglia triestina fino al 1985
perché nato a Maribor. La moglie di Igor, Augusta Zebochin,
ed Igor Steno confermano, nella loro travagliata esistenza,
l’impossibilità di vivere liberi sotto la pressione di due
nazionalismi, l’italiano e lo sloveno, ben presenti anche
nei partiti comunista italiano e sloveno, nell’agitato
secondo dopoguerra. Un percorso davvero inconsueto quello
che portò Stanislav Dekleva, ufficiale di carriera
dell’esercito asburgico a combattere la guerra bianca sulla
Marmolada. Una guerra conosciuta da altri diari e monografie
che rivela ora nuovi aspetti e inediti sviluppi. Le ricerche
di Roberto Todero hanno infatti portato al ritrovamento di
tre altri diversi testi nei quali il Landesschütze triestino
viene ricordato sempre in maniera positiva. Uno di questi,
pubblicato in proprio dal figlio di un altro ufficiale
citato nel memoriale Dekleva mette per la prima volta in
luce episodi che danno una svolta allo stato della
conoscenza di ciò che avvenne sulla Regina delle Dolomiti,
spodestando addirittura il notissimo Leo Handl dal posto di
ideatore dei tunnel scavati nel ghiacciaio ed attribuendo
l’idea al nostro Dekleva, che i colleghi avevano
scherzosamente ribattezzato Deckelhofer storpiandone il
cognome alla maniera tirolese. Pluridecorato e benvoluto da
collegi e truppa, Dekleva non nascose mai la sua
appartenenza culturale al mondo slavo, ma la stessa non gli
fece dimenticare quale fosse il suo dovere principalmente
nei confronti dei camerati sul campo. Il memoriale
pubblicato è accompagnato da un importante impianto
fotografico composto da immagini, la maggior parte delle
quali scattate da colleghi ufficiali e per lo più inedite.
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