Dopo la rivoluzione bisognava
prendere una posizione, essere bolscevichi o zaristi, così nonno e
altri due prigionieri, i suoi compagni nella foto, decisero di
scappare approfittando della situazione confusa; riuscirono ad
ottenere dei documenti falsi, spendendo i pochi soldi ricevuti
lavorando. Un po’ a piedi un po’ col treno, iniziarono il lungo
ritorno verso casa. Incontrarono sempre gente buona; anche quelli in
divisa non li ostacolarono ma li lasciarono sempre proseguire finchè
giunsero ad Odessa, sul Mar Nero. Lì si imbarcarono, e, attraversato
il Dardanelli, continuarono fino a Taranto, dove dovettero
trascorrere quaranta giorni in quarantena. E fu a Taranto che nonno
apprese che Trieste ora era Italia e non più Austria. Questo per lui
fu un colpo al cuore. Terminata la quarantena, sempre in nave
raggiunse poi Trieste, per poi arrivare a Lazzaretto (Muggia), e poi
a piedi fino a casa. Il fratello Giovanni era già arrivato, era
stato ferito da una pallottola che gli era rimasta in corpo e che
venne tolta solo dopo molti anni. Al fronte, mio nonno aveva un
compagno di trincea, Giuseppe Crevatin, anche lui dello stesso
paese, Crevatini. All'epoca era il fidanzato di mia nonna Domenica
detta Meneghina, dalla quale aveva appena avuto un figlio, Giuliano,
e attendeva il ritorno dal fronte per sposarsi. Al fronte,
raccomandò a mio nonno, suo amico e compaesano, di sposare lui
Domenica in caso non fosse tornato dalla guerra. Purtroppo Giuseppe
non fece ritorno, sembra morì al fronte in conseguenza delle ferite,
o forse morì di tifo, o forse finì disperso, nemmeno la famiglia
seppe mai dove morì né dove fu sepolto. |
Anche il
piccolo Giuliano morì, nel 1918, di febbre spagnola. Un paio di
anni dopo, mio nonno mantenne la promessa, sposò Domenica nel 1920,
contro il parere della sua famiglia in quanto sposava una 'ragazza
madre'. Nonno cambiò diverse nazionalità nel corso della sua vita.
Nacque e visse fino ai venticinque anni come cittadino austriaco;
nel 1918, al passaggio di Trieste all’Italia, divenne italiano. Nel
1954, dopo 9 anni sotto amministrazione alleata, durante i quali la
casa di mio nonno si trovò sempre nella parte italiana, gli accordi
del Memorandum di Londra modificarono il confine, cedendo altro
territorio all'amministrazione jugoslava ed il confine si spostò
così pochi chilometri oltre la sua casa, lasciandolo in territorio
sotto amministrazione jugoslava e quindi cittadino jugoslavo. Dopo
gli anni in Galizia e in Siberia, non volle più lasciare la sua
terra e la sua casa, per questo, nel corso della sua vita, si
ritrovò cittadino austriaco, italiano, TLT (Territorio Libero di
Trieste), jugoslavo. Ma questo
quasi scontato a quanti vissero il secolo scorso in questi
territori, fu un vero e proprio dramma di identità di un popolo che
ancora oggi ne porta le ferite. |